Dedicazione della Sala Consiliare di Palazzo Cavarretta alla memoria delle donne e degli uomini trapanesi e non, vittime di mafia

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Dedicazione della Sala Consiliare di Palazzo Cavarretta alla memoria delle donne e degli uomini trapanesi e non, vittime di mafia

Data:

30 Marzo 2023

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Descrizione

L’ 1 Aprile 2023 con una cerimonia di dedicazione, l’Amministrazione Comunale intitolerà la Sala del Civico Consesso Comunale del Palazzo Senatorio Cavarretta “Alle donne e agli uomini, trapanesi e non, vittime di mafia”. Alla cerimonia interverranno anche alcuni familiari delle vittime.

La Sala sarà dedicata a:

Domenico Spatola, Mario Spatola, Pietro Spatola
Sebastiano Bonfiglio
Gianciacomo Ciaccio Montalto
Barbara Rizzo, Giuseppe e Salvatore Asta
Alberto Giacomelli
Mauro Rostagno
Raffaele Di Mercurio
Giuseppe Montalto

Domenico, Mario e Pietro Spatola muoiono il 16 gennaio del 1922 perché sono rispettivamente il fratello e i due figli di Giacomo Spatola, Presidente della Società Cooperativa Agricola di Paceco e protagonista delle lotte contadine fin dai Fasci Siciliani. Nel trapanese, negli anni precedenti e successivi all’avvento del fascismo, la violenza mafiosa prende di mira soprattutto dirigenti e militanti del movimento contadino che si è sviluppato nell’epoca dei Fasci Siciliani, coinvolgendo
braccianti, contadini poveri e medi e fasce di piccola borghesia professionale.

Sebastiano Bonfiglio  nasce da un’umile famiglia di lavoratori il 23 settembre 1879 in località San Marco – Monte San Giuliano, oggi Valderice. Inizia a lavorare a soli 14 anni presso la bottega di un artigiano e nel 1893 partecipa con il padre alle rivolte organizzate dal movimento dei Fasci Siciliani per rivendicare maggiori diritti per i contadini che lavorano la terra dei grandi latifondisti. A 20 anni fonda la società agricolo-operaia di mutuo soccorso, successivamente dirigerà la sezione locale del partito socialista. Nel 1920 viene eletto sindaco di Monte San Giuliano, denunciando ogni atto di violenza compiuto dai mafiosi. La tutela dei più deboli e la lotta per la giustizia sociale non va giù alla mafia che il 10 giugno 1922 a soli 42 anni lo uccide con due colpi di fucile.

Gianciacomo Ciaccio Montalto nacque a Milano il 20 ottobre 1941 da famiglia trapanese. Entrò in magistratura nel 1970 e divenne Sostituto Procuratore della Repubblica di Trapani. Dal 1977, Ciaccio Montalto si trovò ad indagare sul coinvolgimento dei mafiosi della provincia di Trapani nel traffico di droga e sui loro legami con il mondo imprenditoriale e bancario trapanese. Nell’ottobre 1982, spiccò quaranta ordini di cattura per associazione mafiosa contro mafiosi ed imprenditori della zona. Nella notte del 25 gennaio 1983, alle 01:30, venne ucciso a Valderice da tre uomini armati di mitraglietta e due pistole calibro 38 mentre rientrava a casa, privo di scorta e a bordo della sua auto non blindata nonostante le minacce ricevute. Nel 1995, le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia portarono all’identificazione dei responsabili dell’omicidio, i boss Salvatore Riina e Mariano Agate, condannati all’ergastolo.

Barbara Rizzo, Giuseppe e Salvatore Asta hanno perso la vita nella strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985, mentre erano in auto alle 8:03 del mattino per raggiungere la scuola dei due gemelli.
L’autobomba che li ha colpiti era destinata al giudice Carlo Palermo, rimasto illeso nell’agguato. Carlo Palermo era nella città siciliana da cinquanta giorni e aveva già ricevuto una serie di minacce. Sono da poco passate le 8.03 quando le macchine del magistrato e della sua scorta sfrecciano per il rettilineo di Pizzolungo. Un attimo, un click ed esplose un’autobomba posizionata sul ciglio della strada che da Pizzolungo conduce a Trapani. L’utilitaria fece da scudo all’auto del sostituto procuratore che rimase solo ferito. Nella Scirocco esplosa morirono dilaniati la donna e i due bambini.
Nel 2002 la Corte d’Assise di Caltanissetta apre un nuovo procedimento penale sulla strage di Pizzolungo, a seguito delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Margherita Asta, figlia di Barbara e sorella di Giuseppe e Salvatore, decide di costituirsi parte civile. Il 22 novembre 2002 vennero condannati come mandanti Salvatore Riina e Vincenzo Virga, che chiesero il rito abbreviato. Il 29 maggio 2004, in primo grado, Baldassarre Di Maggio è stato condannato all’ergastolo mentre Antonino Madonia è stato assolto. In appello il 03 febbraio del 2006, Antonio Madonia è stato condannato e la Cassazione confermerà la sentenza di condanna. Nel febbraio 2019 la Procura di Caltanissetta ha aperto un nuovo procedimento penale per la strage di Pizzolungo. Il processo si è concluso a novembre del 2020 e il boss Vincenzo Galatolo è stato condannato a 30 anni per essere stato il mandante della strage, accusato anche dalla figlia, Giovanna Galatolo, collaboratrice di giustizia.

Alberto Giacomelli nacque a Trapani nel 1919 ed entrò in magistratura nel 1946. Dal 1951 al 1953 fu Pretore di Calatafimi e successivamente anche a Trapani dal 1953 al 1954. Dal 1971 giudice presso il Tribunale di Trapani, fu Presidente di Sezione dello stesso Tribunale dal 1978 fin quando andò in pensione il 1º maggio 1987. Un anno dopo, i Carabinieri di Trapani, alle 8 del mattino del 14 settembre 1988 a Locogrande ne rinvenivano il cadavere dietro l’autovettura di proprietà dell’ex magistrato.
Presentava un colpo di arma da fuoco alla testa ed un altro all’addome. Le indagini evidenziavano che il delitto era stato organizzato e compiuto da componenti della criminalità organizzata locale.

Un primo processo celebrato innanzi la Corte d’Assise di Trapani portò alla momentanea condanna di alcuni soggetti ritenuti gli esecutori dell’omicidio. Detti soggetti furono poi assolti in grado d’appello. Negli anni successivi, complici le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, si giunse alla condanna di Salvatore Riina, considerato mandante dell’omicidio. Nel 1985 Giacomelli, aveva firmato il provvedimento di sequestro di beni a Gaetano Riina, fratello del boss. Quello di Alberto Giacomelli resta l’unico caso di omicidio di un magistrato in pensione nella storia d’Italia.

Mauro Rostagno nacque a Torino nel 1942 e fu un noto attivista, sociologo e giornalista.Figlio di genitori piemontesi, cresciuto a Torino dove si sposò ad appena a 18 anni, prima di allontanarsi dall’Italia per andare in Germania, Regno Unito e Francia. Tornato in Italia, diventò uno dei leader del Movimento Studentesco e successivamente uno dei fondatori del movimento politico Lotta Continua. Dopo una parentesi in India, fondò a Trapani la comunità “Saman” per il recupero di tossicodipendenti, collaborando contestualmente con la televisione locale RTC, dove teneva giornalmente una rubrica fissa nella quale denunciava la presenza di Cosa Nostra sul territorio e le sue infiltrazioni nella politica locale.Il 26 settembre 1988, alle 20:20, Rostagno usciva dagli studi televisivi insieme ad una sua collaboratrice. Tutti i lampioni che portavano dalla stazione televisiva alla comunità di Saman erano stranamente spenti. In seguito si sarebbe scoperto che il tecnico dell’Enel incaricato di quel settore era niente meno che l’autista di Vincenzo Virga, capo mandamento di Trapani. All’altezza di Lenzi, contrada di Valderice, l’auto di Rostagno venne fermata da due uomini nascosti nell’ombra, che spararono con un fucile a pompa calibro 12 e una pistola calibro 38. Rostagno morì sul colpo, mentre la sua collaboratrice rimase pressoché illesa.Il 19 febbraio 2018 la corte d’Assise d’appello di Palermo ha confermato la pena dell’ergastolo per il boss Vincenzo Virga, in qualità di mandante dell’omicidio, mentre ha disposto l’assoluzione per Vito Mazzara, considerato l’esecutore materiale.

Raffaele Di Mercurio era assistente della Polizia di Stato presso la Questura di Ragusa, morì a 42 anni l’8 giugno del 1993. Era stato trasportato presso l’ospedale di Ragusa dove era stato ricoverato colto da un infarto all’interno degli uffici della Questura. A lungo in servizio come agente di scorta del sostituto procuratore Carlo Palermo, era rimasto ferito nel corso della strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985, in cui persero la vita Barbara Rizzo e i suoi due gemelli Salvatore e Giuseppe Asta. La patologia venne riconosciuta dipendente da causa di servizio

Giuseppe Montalto, nato a Trapani nel 1965, è stato un poliziotto vittima della mafia, morto nel dicembre del 1995. Dopo aver lavorato per anni alla Casa circondariale Lorusso e Cotugno di Torino (“Le Vallette”), Montalto nel 1993 venne trasferito nella Casa di Reclusione di Palermo “Calogero Di Bona” – Ucciardone nella sezione di massima sorveglianza, destinata ai mafiosi condannati al 41bis.Nell’ambito del suo lavoro, impedì al boss palermitano Raffaele Ganci di passare una lettera al catanese Nitto Santapaola, denunciando l’accaduto. Il giorno dell’antivigilia di Natale del 1995, Montalto venne ucciso in contrada Palma a Trapani, mentre era fermo in auto con la moglie Liliana, in attesa della seconda figlia Ylenia, e della prima figlia di 10 mesi, Federica. Le indagini e i processi accertarono che l’ordine di morte era arrivato dall’Ucciardone, in particolare dai boss palermitani. A Salemi, nella villetta di Rosario Calandrino, si svolsero diversi summit per decidere e organizzare l’omicidio di Montalto, alla presenza anche di Messina Denaro. Al processo, l’omicidio venne definito «il regalo di Natale ai detenuti, così si fanno il Natale più allegro». Al termine, vennero condannati in qualità di mandanti Matteo Messina Denaro, Vincenzo Virga, Nicolò Di Trapani e l’esecutore materiale, Vito Mazzara.

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Pagina aggiornata il 03/12/2024, 11:40