Salvatore La Commare

Salvatore La Commare nel 1943 aveva quarant’anni ed era un addetto agli acquedotti. Originario di San Marco, frazione di Valderice, abitava a borgo Annunziata con la famiglia composta dalla moglie e dai due figli.
Due suoi fratelli erano morti nella Grande Guerra e sono stati insigniti da medaglie al valor militare.
Nella primavera del ’43, i bombardamenti dell’aviazione Alleata non colpirono solo il centro storico di Trapani, ma anche le frazioni di Napola, Milo e il Borgo Annunziata, dove in via Argenteria era presente un comando tedesco.
Salvatore La Commare aveva a disposizione ad Alcamo Diramazione un alloggio dato dalla società degli acquedotti e decise di trasferire lì la famiglia per cercare di sottrarla ai rischi dei bombardamenti.
Il 14 luglio del 1943, di ritorno da Trapani dove aveva svolto di mattina le sue mansioni lavorative, si trovava insieme alla famiglia davanti casa, quando fu salutato da un suo conoscente carrettiere che si era fermato lì per rifornirsi dell’acqua da una fontana pubblica.
Il carrettiere informò Salvatore La Commare che, all’interno della stazione di Alcamo diramazione, sostava un treno merci che era stato bombardato e aveva notato una piccola folla di persone, braccianti, passanti e lavoratori del luogo, che si aggiravano intorno al treno, attratti dalla enorme quantità di cibo caduta fuori dai vagoni a seguito delle bombe che li avevano colpiti.
Salvatore La Commare si incamminò verso l’interno della stazione per vedere cosa stesse succedendo. Nel frattempo una camionetta di Regi Carabinieri si era recata presso la stazione e, fra lo stupore e il terrore dei presenti, il Comandante decise di fucilare i presunti colpevoli di furto. Sette uomini furono uccisi, fra cui Salvatore La Commare, altri furono feriti, trasportati all’ospedale e da lì poi fuggiti, altri riuscirono a mettersi in salvo nel marasma generale.
Pochi gironi dopo le truppe Alleate entrarono ad Alcamo e poi anche a Trapani, dove la vedova di Salvatore La Commare fece ritorno insieme ai due figli.
L’evento fu immediatamente messo a tacere, le vittime e i testimoni ebbero terrore di denunciare il fatto, il governo fascista fu sostituito dall’Amgot (Governo militare Alleato) e l’episodio cadde nell’oblio.
Solo nel 2006 il giornalista alcamese Nello Morsellino, nel suo libro “Fra Diavolo e le stragi del dopoguerra”, per la prima volta citò questa strage.
Grande emozione provocò la pubblicazione del libro e molte iniziative seguirono, come quella del Comune di Alcamo che decise di intitolare una strada alle vittime, “Via Strage 14 Luglio 1943”.
Nel frattempo il comando dei Carabinieri di Alcamo, che non aveva mai sentito parlare dell’episodio, su iniziativa del Comandante istruì una inchiesta presso il Tribunale militare. Grazie a un certosino lavoro di ricerca documentale e al ritrovamento di alcuni testimoni oculari, il procedimento si concluse con l’ottenimento della verità. Il comandante Miraglia fu riconosciuto colpevole di strage e l’inchiesta fu archiviata per morte del reo.
Tutto questo è dettagliatamente descritto nel libro del professore Francesco Messina, “La strage di Alcamo diramazione 14 luglio 1943”, pubblicato nel 2023 nell’ottantesimo anniversario e presentato già ad Alcamo presso il teatro Marconi e a Trapani presso il Museo Pepoli.
Francesco Messina, a lungo direttore didattico ad Alcamo e al tempo dei fatti bambino di 10 anni e testimone oculare, ripercorre la storia partendo dalla sua esperienza e dai racconti di alcuni parenti delle vittime che aveva raccolto negli anni. Ma non si ferma a questo, viene in possesso anche di documenti ufficiali, come gli atti del procedimento presso il Tribunale militare, che certificano anche da un punto di vista storico e documentale, la verità dei fatti.