Fulvio Sodano

“Mi piace sperare in un tempo galantuomo, non lontano, che possa restituire liberamente ma soprattutto gioiosamente ciò che è stato in qualche modo tristemente osteggiato…”
Fulvio Sodano 16 ottobre 2013

L’eredità ideale di Fulvio Sodano

Sodano… “favoreggiatore” dello Stato

Conferimento cittadinanza onoraria

Laureatosi in Giurisprudenza nell’aprile del 1970, vince un concorso pubblico per Consigliere di Prefettura e nel 1972 viene assegnato alla Prefettura di Brescia ove appena dopo un mese ricopre la carica di Capo di Gabinetto. Sono gli anni del “terrorismo” che vedrà il suo culmine nella nota “strage di Piazza della Loggia”. In quegli anni è anche Commissario straordinario in Comuni della provincia.

Dal 1979 al 1981 è a Roma al “Viminale” ove ricopre diversi incarichi; sarà richiamato a Brescia nel 1982  con le funzioni di Capo di Gabinetto e vi rimane ancora per circa due anni sino al trasferimento presso la Prefettura di Caserta. In questa sede, in pieno clima delle guerre di camorra e mafia, ricopre  la carica di Capo di Gabinetto, occupandosi pure della gestione di alcuni Comuni sciolti per infiltrazione camorristica.

Nel 1990 viene trasferito presso la Prefettura di Palermo con ruoli superiori: è Vice Prefetto Vicario, Capo di Gabinetto e poi Vice Prefetto ed inoltre ricopre incarichi di Commissario Straordinario in Comuni sciolti per mafia, tra cui  Bagheria, Altavilla Milicia, Capaci subito dopo la strage,  Palma di Montechiaro nell’Agrigentino (quest’ultimo non per motivi di mafia) ed è anche vicecommissario prefettizio a Catania. Sul finire della sua attività di Commissario straordinario a Bagheria, nel novembre del 2000, viene nominato dal Governo Amato,  Prefetto di Trapani.

Durante il periodo di permanenza nella complessa realtà trapanese, questo lo scenario con cui dovette fare i conti: l’esistenza di un patto tra Istituzioni e “cosa nostra”, il vuoto istituzionale. Si spende per affermare e difendere i principi della legalità, della trasparenza nell’attività istituzionale ed amministrativa, non disgiunte dall’imperativo morale, d’obbligo per chi riveste responsabilità pubbliche. Si pone al servizio della collettività e instaurando un rapporto diretto, avvicina i cittadini alle Istituzioni allo scopo di accrescerne la fiducia ma, soprattutto avvia un veloce processo di recupero della legalità con l’obiettivo di strappare i cittadini dall’asservimento rassegnato al potere mafioso.

Con la celebrazione della festa della Repubblica che vede il coinvolgimento dei cittadini e l’apertura delle porte del “Palazzo” la Casa di tutti, lancia un chiaro messaggio di vicinanza, sintonia e collaborazione verso la collettività. Nel febbraio 2003 con orgoglio condivide con i trapanesi l’esperienza della visita dell’allora Presidente della Repubblica Ciampi che nella circostanza, per il proficuo lavoro svolto, gli riconosce il risveglio della realtà trapanese.

Intuisce come vincente, mettendola immediatamente in pratica, la strategia di indebolire il potere dei mafiosi aggredendone il loro patrimonio. Il 26 luglio 2003 (giorno in cui lascerà la sede di Trapani) stipulerà la “Carta degli Impegni Libera Terra Trapani”, documento che consente di velocizzare le procedure di confisca dei beni ai mafiosi incidendo tangibilmente sull’impoverimento del loro patrimonio e procedere alla loro immediata disponibilità per fini sociali.

Denuncia esponenti della criminalità organizzata, smaschera una mafia borghese che mantiene contatti con importanti esponenti politici che mostrano notevoli interessi nel settore dei grandi appalti. Pronuncia nomi eccellenti di soggetti ritenuti da sempre “intoccabili” e grazie anche alla sua collaborazione con la Magistratura, come da cronaca, più tardi si giungerà all’arresto di vertici di “cosa nostra”, in due importanti operazioni di Polizia: “mafia Trapani” del 24.11.2005 e “cosa nostra resorts” del 10.12.2008 che vedono coinvolti imprenditori e professionisti prestanome, al fine di agevolare la criminalità organizzata per il conseguimento di finanziamenti pubblici. Nessun riconoscimento da parte dello Stato.

Questo il suo pensiero – obiettivo:

 “…La mafia può essere sconfitta, ma bisogna isolarla, reprimerla prima di tutto sul piano culturale, promuovendo con coraggio la giustizia la legalità…..Se viene meno la presenza dello Stato, i cittadini sono allo sbando e si crea un vuoto istituzionale pericoloso nel quale è facile che possano attecchire mafia, corruzione e mal governo”….Uno Stato presente, credibile e autorevole…”.   

In poche parole si pone come elemento di rottura con il passato. Il suo fu considerato un eccessivo zelo che presto lo renderà scomodo. Accusato di essere troppo dalla parte dello Stato allorquando difese un bene sottratto alla mafia: la “Calcestruzzi Ericina”, di alterare il libero mercato perché il suo intervento a favore di quel bene aveva disturbato la mafia. Pagò duramente il suo credo, bruscamente allontanato nel luglio 2003 dall’allora Ministro dell’Interno, dalla sede di Trapani, a pochi giorni dalla sua riconferma in quella provincia ad opera dello stesso Ministro, in quanto stava operando bene nel contrasto alla mafia. Così, tra un tradimento e l’altro, con il rigoroso silenzio dello Stato, il curriculum vitae del Prefetto Sodano continuava ad “arricchirsi di batoste” . La mafia può anche non sparare perché sa come rimuovere gli ostacoli e finanche fare apparire come normali, trasferimenti che normali non sono, dei fedeli dello Stato incomodi, senza fare tanto rumore.

Fu assegnato alla Prefettura di Agrigento, circondato dall’isolamento istituzionale e politico. E’ anche qui immediatamente scontro aperto contro i poteri forti. Vi rimane fino al dicembre 2005 logorato da contrasti istituzionali che aggravarono la sua malattia.

Di lui la cronaca nazionale, si occupò anche a seguito dell’ intervista televisiva rilasciata alla trasmissione “Anno Zero” nell’ottobre 2006, nel corso della quale, con mano tremante a causa della malattia divenuta nel frattempo sempre più invalidante, scrisse su foglio il nome di colui che nel  luglio 2003, aveva per lui, certamente esercitato pressioni presso  l’allora Ministro dell’Interno per ottenere che fosse cacciato via dalla sede di Trapani.

Immobile e sulla sedia a rotelle nel maggio  2007, su sua insistente richiesta, ottenne dall’allora Ministro dell’Interno Amato, l’incarico in due materie importanti di contrasto alla criminalità organizzata: studio e consulenza riguardante la gestione dei beni confiscati alla mafia e l’attività delle Commissioni straordinarie incaricate della gestione degli Enti Locali sciolti per mafia, con particolare riferimento alla trasparenza dell’assegnazione degli appalti pubblici. Si tratta del completamento di lavoro iniziato nel 2001, la cui prima parte già alla Camera dei Deputati, ma del cui prosieguo, oggetto dell’incarico Amato, condiviso in sede parlamentare e successivamente contenuto nella Legge sulla Sicurezza del 15 luglio 2009 n.94, art.2, comma 20, nulla gli viene personalmente riconosciuto.

Dai cittadini comuni viene ricordato, come servitore umile dello Stato, fedele, convinto assertore della legalità, decisamente scomodo per gli ambienti mafiosi e per non pochi uomini di potere, per l’autentica passione per il suo lavoro interpretato come missione ma, viene ricordato anche, per il tradimento e l’isolamento da lui vissuti personalmente come punitivi.  La sua semplicità e la vicinanza ai bisogni concreti della collettività gli meritarono l’appellativo di “Prefetto del Popolo”.

Il suo sogno:   “…Ho sempre sognato  una società in cui l’uomo non prevaricasse il suo simile, dove onestà, dignità, legalità, giustizia e trasparenza diventassero i cardini del vivere civile, dove le lobbies e le appartenenze fossero bandite, dove il potere non si esercitasse nell’interesse personale, ma solo per il bene dei cittadini, dove insomma valessero i principi ed i valori positivi a discapito dei disvalori di cui le società sono infarcite e sono forse più facili da seguire…”.

Tanti i messaggi diretti ai giovani, due dei quali a pochi giorni della sua morte, considerati come testamento morale:

“…Siate forti, coraggiosi ma soprattutto tenaci; riappropriatevi dei vostri diritti, non lasciate che ve li scippino, sappiate costruire, grazie alla vostra intransigenza, caparbietà, voglia di migliorare, la squallida situazione odierna, ribellatevi alle oppressioni, ai comportamenti meschini, abietti e tornacontisti, perseguite con indignazione ogni comportamento contrario al sacrosanto e inviolabile rispetto della creatura Uomo, ai valori che richiamano una società diversa e migliore della presente, ma soprattutto continuate a sognare e progettare, riscattando l’agire di tanti che come me, sognando e progettando, ci hanno provato senza purtroppo riuscirci appieno. Che voi possiate riuscire dove noi abbiamo fallito….”.

”Se credi in quello che fai, se unisci la passione ai sogni, è possibile che si avverino. Così ho sentito di interpretare la mia vita, pur sbagliando ma sempre proiettata alla realizzazione dei miei ideali a cui mai vorrei rinunciare costi la mia vita. Non so se ci sono riuscito ma ci ho creduto…”.

Le ultime parole del “Prefetto del Popolo” in occasione di una agorà nel gennaio 2014,  solo un mese prima della sua morte,  hanno portato tanti cittadini in piazza per dire NO alle mafie:

 “…E’ giunto anche il tempo di far sapere che non crediamo e non abbiamo mai creduto in verità, agli improvvisi trasferimenti degli Uomini migliori, edulcorati da ingannevoli promozioni, guarda caso quando sembrano essere vicini alla verità. Ci sia data spiegazione vera e più convincente. Che non ci si debba più chiedere dov’è lo Stato. Ben sappiamo come questo purtroppo spesso si neghi, come sia assente ingiustificato nascondendosi nel suo apparente SILENZIO e quando questo viene meno, spesso lo fa servendosi dei suoi uomini peggiori per disobbligarsi con loro e con loro scende a patti e  si compiace e poco importa se deve rispondere con ingiustizie e calpestare la dignità di chi non sta al gioco……Auspico un ritorno al coraggio per la conquista dei propri diritti come naturali, che non siano più oggetto di lotta, il rispetto del vivere civile…”.

Muore il 27 febbraio 2014, servitore di Stato fino alla fine, sorpreso di se stesso di avere scatenato tanto fragore.

I cittadini onesti, molti, da ogni parte d’Italia  e anche dall’estero, gli donarono, stima, affetto, gratitudine, solidarietà. Fulvio Sodano irruppe nelle coscienze, scatenò moti di ribellione contro  la mafia, l’illegalità e le ingiustizie, nacquero diversi Comitati all’insegna della legalità, si organizzarono convegni, dibattiti nelle scuole”. Numerosi i riconoscimenti, le cittadinanze onorarie dei Comuni della provincia.

E lo Stato? Sempre coerentemente silenzioso e  assente.