Prima di dire la nostra abbiamo voluto attendere che le regole della cosiddetta fase 2 venissero emanate dal Governo e dalla Regione Siciliana.
Ebbene, oggi più che mai possiamo affermare che avevamo ragione sotto diversi punti di vista, quando abbiamo deciso di impugnare il DPCM del 27 aprile 2020.
Infatti, sotto il profilo giuridico non sarà certo sfuggito a quanti avevano criticato <<l’attacco al potere>> che il Governo ha dato avvio alla cosiddetta fase 2 con un decreto legge, il n. 33 del 16 maggio 2020, così consentendo al Parlamento, in fase di conversione di esercitare le Sue legittime funzioni. Dunque, il DPCM torna ad avere la natura di atto amministrativo, che interviene solo in applicazione di una norma di legge.
Poi, per ciò che attiene il contrasto all’Epidemia non può sottacersi come finalmente il Governo abbia preso atto che lo Stivale non può essere trattato alla stessa maniera.
Difatti, le nuove disposizioni – tenuto conto della situazione epidemiologica – consentiranno di modificare e modulare le riaperture in ogni regione, tenendo conto del reale andamento del contagio.
Orbene, ciò era vero anche il 27 aprile
Pertanto, laddove non ci si fosse trincerati dietro le paure e gli accordi politici, il territorio siciliano e trapanese avrebbe potuto avere una boccata di ossigeno con 2 settimane di anticipo, così le famiglie e le imprese avrebbero potuto ripartire.
Ci auguriamo che a nessuno venga in mente di giustificare il grave errore commesso, dicendo che si è trattato solo di <<14 giorni>>.
La crisi che stiamo vivendo non consente ritardi di alcun genere, soprattutto quando questi vanno ad incidere su territori che già vivono – anche a causa della scarsa attenzione verso il sud – una crisi socio economica durissima.
Per finire ci auguriamo che anche il Governo Regionale faccia la sua parte, finanziando concretamente le misure che ha approvato, anche dettando regole chiare per la spesa dei contributi alle famiglie bisognose.
Ad oggi, purtroppo di tutto ciò non v’è traccia e si ha l’impressione che il Governo Regionali approvi norme spot, per poter domani additare le amministrazioni locali come responsabili dell’eventuale disastro.
Ci auguriamo di essere smentiti presto!
Ci auguriamo ancora che il Governo regionale chiarisca meglio quali condotte dovranno tenere i cittadini nei luoghi pubblici. In questo senso, l’ordinanza del 17 maggio 2020 crea molta confusione, soprattutto sull’obbligo di utilizzo della mascherina in luogo pubblico.
Da un lato si dice che sarà sufficiente rispettare le regole del distanziamento sociale, anche perché la situazione della Sicilia è tra le migliori, tant’è vero che si consentono maggiori aperture (addirittura la previsione per le discoteche dall’8 giugno p.v.) mentre dall’altro sembra si obbliga all’utilizzo della mascherina anche in luoghi aperti al pubblico e dunque anche per strada.
Delle due l’una!
In questa fase bisogna essere chiari, non si possono tenere condotte ondivaghe e soprattutto è necessario indicare esplicitamente alle amministrazione locali come comportarsi, considerato che in molti campi, quali apertura mercati rionali, del cimitero e dei parchi, si rimanda ad ordinanze Sindacali.
La leale collaborazioni tra organi di Governo si attua anche grazie a norme chiare emanate da chi ne ha la responsabilità, altrimenti si entra nel triste gioco dello scarica barile.
A ciò si aggiunga che ad oggi le mascherine promesse dalla Protezione Civile Regionale alla città di Trapani, al pari della altre sopra i 50.000 abitanti, non sono mai pervenute.