Don Michele Di Stefano


DON MICHELE DI STEFANO nasce a Calatafimi il 21 ottobre 1933. Battezzato il 5 novembre 1933, riceve il sacramento della Confermazione il 15 maggio 1945 nella Parrocchia “San Giuliano” di Calatafimi.

Nel 1957, a 24 anni, entra in seminario. Terminati gli studi teologici viene ordinato presbitero il 25 luglio 1965 da Sua Eccellenza Mons. Francesco Ricceri nella Chiesa del “SS. Crocifisso” in Calatafimi.

Inizia il suo ministero presbiterale come vicario cooperatore presso la parrocchia “San Giuseppe” di Castellammare del Golfo. Nel 1966 viene nominato parroco della parrocchia “San Giuseppe” di Fulgatore, un lungo incarico che lo vedrà impegnato fino al 2009 con costante abnegazione, umanità e profonda umiltà, diventando saldo riferimento di un’intera comunità. Dal 1968 al 1988 è anche Assistente Diocesano del Movimento Lavoratori di Azione Cattolica ed è, dal 1981 al 2013, Consigliere Ecclesiastico dei Coltivatori Diretti della Provincia di Trapani.

Ricopre anche l’incarico di Direttore dell’Ufficio Diocesano per i Problemi Sociali e del Lavoro dal 1980 al 1992 ed è membro, dal 1982 al 1985, del Consiglio Presbiterale Diocesano. È impegnato, anche, come Insegnante di Religione Cattolica, presso la Scuola Media di Fulgatore ed è parroco di “Santa Lucia” in Torretta dal 1983 al 2009. Nel borgo di Ummari ricopre la funzione di Parroco dal 1992 al 1996 e dal 2009 al 2013.

Nel piccolo borgo di Ummari perderà la vita nella notte d’inverno del 26 febbraio 2013, colpito da insensata mano violenta durante il sonno. La sua morte tragica ancor più fa brillare di bellezza il suo ministero sacerdotale esercitato a servizio di tutti e il suo sacrificio si fa strumento di vita e risurrezione spargendo semi d’amore e di pace nel cuore di quanti l’hanno conosciuto e conservano la memoria della sua autentica testimonianza di fede in Cristo Gesù.


Don Michele Di Stefano

Padre Michele, un padre buono
(dal libro “Guardiamo i Migliori”)

Era una persona buona Padre Michele. In un epoca, in cui il materialismo ha preso il sopravvento, tutto sembra essersi fatto triste, il cielo una volta azzurro, limpido, oggi è grigio, cupo e non lascia spazio al sorriso. Tuttavia anche se raramente, in quel cielo nero come la pece, risplendono dei raggi di vita.

Sono le persone buone che grazie ad una semplice azione, un sorriso, una stretta di mano, riescono a sollevarti perché sai che nel momento del bisogno loro sono lì con te e tra tanti barlumi di speranza, ne risplendeva uno, lui, Padre Michele.

Mi piace ricordarlo in modo semplice senza uso di aforismi o di parole pompose, perché egli stesso piaceva additarsi come un semplice sacerdote di campagna.

E come le persone buone, Padre Michele era proprio accanto a tutti, dai poveri agli agiati. Riusciva ad entrare nel cuore delle persone con una semplicità disarmante. In un mondo dove ormai tutti gli uomini sono comandati dal dio denaro e dall’amor proprio, Padre Michele riusciva ad abbattere tante barriere inondando le persone con una bontà alla quale tanti non riuscivano a resistere.

L’ amore di Padre Michele era tanto, lui amava la vita, amava il piccolo, amava il grande e, sopra ogni cosa, amava il prossimo. Il suo era un amore incondizionato, giusto, riusciva ad essere padre spirituale e padre di famiglia; si sa, la famiglia dei preti è la comunità. Padre Michele riusciva a coinvolgere tutti, ricordo ancora quando, senza alcun obbligo, senza qualcuno che glielo chiedesse, prendeva il maggiolone caricava quanti più ragazzi possibili e partiva alla volta del mare.

Fu grazie a lui se conobbi il mare, fu grazie a lui se andai per la prima volta al teatro. Nessuno glielo chiedeva ma lui era lì per me, per tutti. I giorni passavano e quella persona, prima estranea, diventava cara, un padre.

Le giornate passavano veloci, in allegria all’insegna della spiritualità dell’amore verso il prossimo.

Padre Michele ci insegnava ad essere disponibili, gentili, ma anche forti nel momento del bisogno e dava il coraggio per professare la parola di Dio anche fuori dalle mura della chiesa, li, in quel mondo cosi duro. Sembrava in grado di fare di tutto, con lui ogni cosa era semplice e facile. Ma era anche un uomo. Era testardo Don Michele, se una cosa era giusta, allora andava fatta e non esitava infatti a battersi contro i soprusi dei prepotenti.

Quante ammaccature, quanti bernoccoli ho visto spuntare su quella sua testa un tempo piena di capelli.

Nonostante il tempo passasse impetuoso, la tempra rimaneva quella di un tempo, e anche se noi ragazzi crescevamo, magari sviluppando interessi diversi, lui si impegnava 2, 3, 4 volte di più, riportandoci ai veri valori della vita e fece cosi anche con le generazioni successive. Negli ultimi anni della sua vita era riuscito a far rivivere il Borgo di Ummari, abbandonato ormai da decenni, trovando in quella esperienza, per certi versi amara, il buono di una nuova sfida, senza perdere mai l’altruismo e il buon umore.

Padre Michele amava tutti, lui amava amare, lui viveva per amare e lui amando è morto, ucciso per quel suo amore così profondo.

È così che lo voglio ricordare, una persona semplice, con un sorriso buono, con occhi scaltri ed intelligenti.

Ho perso un padre.

Carmelo Costa